Venchi aggira il blocco dei licenziamenti: 11 lavoratrici trasferite da Fiumicino al Nord per costringerle ad andarsene. Lettera a Mattarella e al Governo, appello su Change.org
C’è il blocco dei licenziamenti causa crisi economica da pandemia, come stabilito dal governo? Non c’è problema, si fanno licenziamenti mascherati da trasferimenti. Accade alle lavoratrici del negozio Venchi al T1 dell’aeroporto di Fiumicino, trasferite dall’oggi al domani a Torino, Parma, Piacenza, Venezia, Vicenza e Siena.
Sono tutte lavoratrici con figli piccoli o che si prendono cura dei genitori, in azienda da 10 anni e anche di più. Evidente il gioco (sporco) di Venchi: dal momento che nessuna accetterà mai il trasferimento a causa dei carichi familiari e dei contratti part time, le lavoratrici sarebbero costrette a licenziarsi. Fatta la legge, trovato l’inganno.
Sostenute da USB, le lavoratrici (e un lavoratore) hanno manifestato mercoledì 11 novembre davanti al Comune di Fiumicino. L’assessore al Lavoro Anna Maria Anselmi si è attivata scrivendo alla Venchi “per capire la motivazione per la quale questi lavoratori, invece di essere redistribuiti nelle filiali di Roma, vengano piuttosto dirottati a centinaia di chilometri dalle loro case”.
Le lavoratrici intanto hanno inviato al Presidente della Repubblica e al Governo la denuncia del comportamento illegittimo di Venchi.
Contemporaneamente hanno lanciato una petizione su Change.org (http://chng.it/KZFQRD8kfW): “Fermiamo le aziende che aggirano il divieto di licenziamento, appello in solidarietà con le 10 mamme (+1) trasferite da Venchi al nord e di fatto licenziate”
Nessuna giustificazione dell’azienda è accettabile: Venchi ha altri quattro negozi a Roma e due in aeroporto a Fiumicino, per giunta avrebbe a disposizione ancora diversi mesi di cassa integrazione proprio per venire incontro alle difficoltà dell’emergenza Covid.
Perché si rinuncia agli ammortizzatori sociali e si mettono undici dipendenti di fronte alla condizione di perdere il lavoro? Il trasferimento ha un chiaro intento discriminatorio verso le lavoratrici, tutte iscritte USB, che da anni lottano per la regolarizzazione dei turni e il rispetto dei diritti.
Non accettiamo che siano ancora una volta i lavoratori a dover pagare. USB esorta le istituzioni a schierarsi con i lavoratori, nel rispetto delle leggi da loro stesse emanate, e a fornire una risposta rapida.
USB Commercio
Roma 12/11/20
In allegato la lettera inviata al Presidente della Repubblica e al Governo