Roma Capitale e la gentrificazione: continua la campagna contro gli inquilini delle case comunali della Stazione Termini

Roma -

Continua la campagna contro gli inquilini delle case comunali della Stazione Termini: Roma Capitale richiede ingenti somme di arretrati senza dimostrarne la consistenza per poi avviare procedimenti di pignoramento!

Si tenta di mandare avanti il processo di espulsione dei ceti popolari dalla città consolidata, favorendo e non contrastando la gentrificazione e la turistificazione del centro storico!

Per impedire agli inquilini ogni forma di difesa, molti dei quali anziani, è iniziata su alcuni social una campagna antisindacale che mira a lasciarli in mano alla speculazione e all’Agenzia delle Entrate!

Roma Capitale, attraverso la società Aequa Roma S.p.A che ne gestisce le riscossioni, ha inviato negli scorsi mesi lettere di morosità agli inquilini del proprio patrimonio (disponibile e indisponibile), nella fattispecie della zona Termini, via Giolitti e vie limitrofe.

Gli stessi abitanti del gruppo di case che nel 2018 erano state interessate (insieme ad inquilini di Testaccio) a un processo di messa all’asta dei canoni, con il Comune che anziché contrastare il processo di gentrificazione e svuotamento del centro storico, lo incoraggiava. Scongiurato questo pericolo grazie ai ricorsi inoltrati dagli inquilini e all’intervento di Asia-USB, sono iniziate ad arrivare lettere con morosità di decine di migliaia di euro non giustificate e in alcuni casi con evidenti errori materiali. Ad esempio, un inquilino si è visto richiedere somme per interi anni solari superiori agli importi del canone di locazione, e andando a chiedere spiegazioni presso gli uffici Aequa Roma di viale Ostiense, ricevuto di persona da un operatore, non è riuscito ad ottenere i tabulati del debito. Avendo portato con sé tutte le ricevute degli affitti pagati negli anni, ha provato quindi a consegnarli, ma l’operatore non li ha voluti!

Questa pratica di negare i tabulati al debitore e di costatare la veridicità del debito, ci è già nota e l’abbiamo denunciata diverse volte, fino all’ultima iniziativa presso le sedi di Aequa Roma stessa a lo scorso anno.

Il nostro sindacato ha richiesto per i propri assistiti, attraverso istanza formale, copia dei tabulati, onde costatare la legittimità del debito ed ottenerne un’eventuale revisione, con l’impegno sottoscritto dagli inquilini di regolarizzare la propria situazione debitoria laddove si riscontrino affitti realmente non pagati.  Lo ha fatto scrivendo sia ad Aequa Roma che al Dipartimento Patrimonio e Politiche Abitative. Quest’ultimo ha chiesto a Aequa Roma di fornire i tabulati affinché l’inquilina in questione potesse rateizzare il debito, ma la società del Comune ancora non ha dato seguito alla richiesta.

A questi fatti, di per sé già gravi e illegittimi, in quanto è il creditore a dover dimostrare la legittimità del credito che vanta, si aggiunge ora l’utilizzo della L. 160 del 2019 sulla base della quale Roma Capitale sta inviando l’avviso di accertamento che diventa immediatamente esecutivo: per impedire un celere pignoramento costringe l’inquilino a ricorrere in Tribunale obbligando gli inquilini a pagare somme insostenibili per le spese di rito. Se non si impugna questo atto di intimazione in pochi mesi viene trasformato direttamente in Cartella Esattoriale, affidando dunque all’Agenzia delle Entrate e Riscossione il compito di recuperare gli importi attraverso il pignoramento! Questo nonostante le richieste di chiarimenti sul debito non evase da Aequa Roma, società controllata da Roma Capitale stessa.

Ricordiamo ai vertici e ai dirigenti di Roma Capitale che il re non c’è più, e che un’impostazione del genere da parte del Comune di Roma nei confronti dei propri cittadini ed inquilini è estremamente inappropriata.

Innanzitutto ha origine da un’omissione di atti di ufficio, perché non viene dato riscontro puntuale al debitore del proprio debito. E anche laddove Aequa Roma, ridestandosi dal torpore che la attanaglia, fornisse quanto richiesto, lo dovrebbe fare comunque nei tempi utili ad evitare l’esecutività dell’atto che produce.

Ciò che segue sfocia in un abuso di posizione dominante, in quanto il Comune costringe un singolo cittadino ad impostare una difesa in autotutela o in giudizio, con tutti i costi del caso, nonostante l’intenzione di regolarizzare i pagamenti in seguito alla verifica del debito.

ASIA-USB