MEDIAWORLD COME FIAT?

L’INCERTEZZA DEL FUTURO È LA MIGLIORE ARMA DI RICATTO

Roma -

Nel 2012 Sergio Marchionne usciva da Confindustria e si svincolava dal contratto nazionale dei metalmeccanici, aprendo la strada alla strutturazione di un contratto aziendale FIAT con diritti al ribasso per i lavoratori.

 

Già nel 2010 il numero uno di FIAT aveva dichiarato che sarebbe stato disposto a riportare la produzione della Panda in Italia solo mantenendo i costi totali equiparati a quelli della produzione in Romania. Questa affermazione aveva dato seguito ad una lunga serie di botta e risposta tra Marchionne e Marcegaglia, allora numero uno di Confindustria, sulla necessità per FIAT, di avere un contratto strutturato sulle proprie esigenze di riorganizzazione dei costi e del lavoro.

 

Ora, nel 2016, in uno scenario economico sempre più critico e con la costante caduta dei consumi, anche le aziende della GDO prendono in considerazione la possibilità di attuare la strategia di Marchionne?

 

Mediamarket, azienda proprietaria delle insegne Mediaworld, che raccoglie i maggiori gruppi di elettronica di consumo associati a Confcommercio, qualche mese fa, ha comunicato ad AIRES (Associazione Italiana Retailers Elettrodomestici Specializzati) la volontà di uscire dall’associazione, senza dare nessun tipo di comunicazione ufficiale in merito alle scelte future.

 

Nel maggio 2015, senza preavviso, l’azienda aveva aperto una procedura di licenziamento collettivo per circa 900 dipendenti Mediaworld e, oggi, dopo una lunga serie di accordi con i sindacati, si è arrivati alla procedura di solidarietà, solo su alcuni territori, fino al 30 aprile 2017. Da maggio 2017, cosa accadrà ai dipendenti Mediamarket?

 

Ci sono diverse possibilità: l’azienda potrebbe restare ad osservare l'andamento del tavolo di rinnovo contrattuale di Federdistribuzione, che comunque non promette niente di buono o potrebbe decidere di cambiare ai dipendenti il contratto nazionale di appartenenza, e scegliere, quindi, un contratto che avvicini l'azienda al suo nuovo competitor Amazon, ipotesi avvalorata anche dalla recente apertura a Barcellona del primo negozio digitale ad insegna Mediaworld.

 

I dipendenti sanno bene che MediaMarket ha sempre vantato di essere il numero uno in Europa per l'elettronica di consumo e, se scegliesse di essere il primo marchio della GDO in Italia, potrebbe aprire un varco alle contrattazioni aziendali seguendo le chiare indicazioni del governo Renzi che più volte ha espresso la volontà di abolire i contratti nazionali.

 

Il nostro sindacato ha chiesto all’azienda chiarimenti sulle sue scelte future, ma non c’è stata nessuna risposta. Usb condanna questo atteggiamento di chiusura verso i lavoratori e per questo continuerà a seguire molto da vicino l'evolversi della situazione.

Chiederemo, in primo luogo, un formale e dettagliato resoconto all'azienda, utilizzando tutti i mezzi a disposizione della nostra organizzazione sindacale, per fare chiarezza e tutelare tutti da una sempre più catastrofica realtà lavorativa, che continua a sfruttare migliaia di lavoratori obbligandoli a rinunciare totalmente alla loro vita privata con lavoro su turni spezzati, domeniche, festività e aperture notturne in nome di un profitto esclusivo delle multinazionali del commercio.

 

Michela Flores

Usb Lavoro Privato